Nome: Bonaventura
Modello: Comet 910
Tipologia: crociera/regata
Anno di progettazione: 1971
Periodo di produzione: dal 1971 al 1987
Anno costruzione: 1973
Unità costruite: circa 600 (compreso i 910 Plus)
Cantiere: Comar Città: Forlì
Nazione: Italia
Fondatore del cantiere: Renzo Zavatta ed Eolo Mambelli
Anno di fondazione: 1958
Progettista: Van de Stadt e Finot
Armo: sloop intero
Materiale scafo: vetroresina
Tipo di chiglia: fissa a lama con skeg
Cabine: 1
Posti letto: 6
Bagni: 1
Motorizzazione: Lombardini 18 HP (non originale)
Motorizzazione base di serie: Volvo Penta MD 1B da 10 HP
Riserva acqua: 180 l
Riserva gasolio: 40 l
Lunghezza fuori tutto: 9,10 m
Lunghezza al galleggiamento: 6,71 m
Baglio max: 3,06 m
Pescaggio: 1,70 m
Dislocamento: 3.200 Kg
Zavorra: 1,200 Kg
Superficie velica base: 52,70 mq
Randa: 15,80 mq
Fiocco: 23,30 mq
Genoa: 30,70 mq
Spinnaker: 65,00 mq
I progettisti Finot e Van de Stadt collaborarono, non senza problemi, per la realizzazione del 910. Insoddisfatti del risultato, poco prima della partenza della Middle Sea Race del '71, telefonarono quasi contemporaneamente a Renzo Zavatta per prendere le distanze dal progetto. Non avrebbero mai potuto immaginare che Cino Ricci avrebbe poi trionfato nella competizione, consegnando il 910 alla storia.
Un po' di storia
La SIPLA, Società Italiana Lavorazione Plastiche Ed Affini, fu fondata a Forlì nel 1958 da Renzo Zavatta ed Eolo Mambelli, specializzandosi nella lavorazione delle resine.
Quando fu deciso di costruire barche stampate in vetroresina, nel lontano 1961, sarebbe stato a dir poco utopico prevedere il successo che ne sarebbe scaturito. A quei tempi, la vetroresina era una scommessa a tutti gli effetti: qualcosa di pionieristico e sperimentale.
Non fosse altro, poi, che per ottenere l'omologazione della prima imbarcazione prodotta, un dinghy classe Flying Junior in vetroresina, si ricorse a un bizzarro quanto efficace stratagemma: lo scafo fu verniciato di marrone e furono applicate semplici impiallacciature perché apparisse di legno. La barca fu quindi portata in un cantiere navale noto per la costruzione di yacht classici. Durante una visita degli ingegneri del RINA (Registro Italiano Navale), giunti in cantiere per omologare uno yacht, fu mostrato loro, in un angolo scarsamente illuminato, quel piccolo dinghy. Presentato come un diversivo dal lavoro quotidiano, fu chiesto gentilmente agli ingegneri di omologare anche quello. Vista la fama del Cantiere e alle prese con una barca ben più importante, questi non si soffermarono più di tanto a valutare quel "piccolo gioiello di legno", dando così, inconsciamente, le ali a quel volo che avrebbe portato così lontano.
Nel 1968, nasceva il Meteor. Quell’anno, infatti, la Sipla aveva esposto al Salone nautico internazionale di Genova il suo Flying Junior. Allo stand si presentò un giovane architetto olandese destinato a diventare famoso per i suoi progetti navali: Ericus Van de Stadt. L’architetto olandese illustrò ai responsabili della Sipla i disegni di una delle prime barche a bulbo concepite interamente in vetroresina (escluso il timone che, originariamente, era di legno). Si trattava di una piccola barca, della lunghezza di sei metri, particolarmente adatta alla navigazione nei mari e nei laghi italiani. L'ideale per aprire alla vela: carrellabile, ricettività per una famigliola, ottime prestazioni veliche e, soprattutto, un oggetto disegnato già per una logica produttiva industriale. Era il Meteor. La barca, nata dalla matita dell’architetto olandese qualche mese prima, sarà esposto per la prima volta al Salone nautico internazionale di Genova nel 1969.
Sipla sarà uno dei primi cantieri italiani ad orientarsi sulla produzione in serie ponendo le basi per la diffusione e l'accessibilità del diporto nautico in Italia.
Il Meteor è stato riconosciuto monotipo nel 1984, ed attualmente è ancora in produzione.
Costruzioni Marittime
Ma la vera rivoluzione venne nel 1971 con il Comet 910, una barca che ha segnato una tappa fondamentale nella nautica internazionale. Innovativa e performante piacque moltissimo per le sue linee ma anche perché, appena varata, vinse, con Cino Ricci al timone, la Middle Sea Race del 1971 . Il successo commerciale fu sorprendente e duraturo: iniziata la costruzione in serie nel 1972, la nuova barca restò in produzione per più di quindici anni e fu prodotta in quasi mille esemplari. Grazie ad essa la Sipla potè costruire nuovi stabilimenti, i più moderni dell’epoca, e porre le basi per la successiva crescita dei modelli.
Allo stesso tempo, dopo ormai dieci anni di esperienza, l’azienda cambiò il nome in Co.Mar (Costruzioni Marittime) e con Finot costituirono un binomio di grande successo dal quale sono nate barche innovative e di grandi prestazioni, che hanno continuato ad avere un'affermazione commerciale senza precedenti: dal Comet 801 ai Comet 11 ,13 e 14, caratterizzati da scelte inedite anche per gli interni, dove il quadrato era spostato all’estrema poppa. In acqua erano barche rapide e confortevoli, con attrezzature di coperta insolite e audaci per l’epoca, come il rollaranda e l'avvolgifiocco, i comandi rinviati al pozzetto. E prezzi di vendita molto concorrenziali.
Nel Gennaio del 1974 fu inaugurato il nuovo cantiere, costruito nella zona industriale di Forlì. Era quanto di più moderno si potesse realizzare e portò la Comar al più elevato livello europeo. La produzione in serie venne riorganizzata nel modo più efficiente. Le linee di assemblaggio, caratterizzate da "buche" che matenevano al livello del suolo le imbarcazioni consentendo un'opereatività più agile, erano separate dal reparto di stampaggio (totalmente climatizzato a temperatura ed umidità costanti), da quello di rifilatura, di premontaggio.
Vi erano laboratori per il controllo delle materie prime e dei manufatti. Magazzino e falegnameria. Non mancavano due grandi vasche per il collaudo dei motori e per i controlli di impermeabilità con tanto di "tempesta artificiale".
Negli anni ottanta, la Comar affianca a Finot altri grandi progettisti, come Doug Peterson e Andrea Vallicelli. Nascono barche comode e veloci, con linee più tradizionali ma sempre al passo coi tempi.
Inizio della collaborazione con Finot
All'inizio degli anni '70, un giovanissimo Jean Marie Finot aveva progettato e realizzato l'Ecume de mer, sloop di 8 metri per la crociera costiera. Cino Ricci, riminese ma cresciuto proprio a Forlì, all'epoca trentacinquenne, grazie ai suoi viaggi e alla passione per la Francia dove andava spesso a regatare, era entrato in contatto con Finot. Dopo aver visto la sua Ecume de mer al salone di Parigi, aveva consigliato a Sipla di importare la barca per ampliare la propria gamma di piccole imbarcazioni. Questo fatto pose le basi per la collaborazione con Van De Stadt per realizzare un 30 piedi...
Van de Stadt, di fatto, aveva sottoposto a Sipla un primo progetto.
Jean-Marie Finot, che per il tramite di Ricci aveva iniziato a operare come consulente di Sipla, ebbe modo di valutare le bozze di Van De Stadt, facendo alcune osservazioni e proposte che alla fine furono accettate da Van De Stadt.
Così si espresse in proposito lo stesso Finot: "Su questa barca ognuno ha portato la propria esperienza, il proprio dinamismo. Abbiamo progettato questa barca che nessuno di noi avrebbe potuto fare da solo. Il risultato: una barca stabile che solca bene il mare." E ancora: "La barca è di esemplare solidità, il controstampo è davvero parte integrante dello scafo".
910
All'origine un desiderio: Renzo Zavatta voleva realizzare una barca diversa da quelle all'epoca più diffuse, che avesse una grande stabilità di forma, la poppa larga, un bordo libero alto. L'esperto Van de Stadt lavorava da tempo col cantiere forlivese ed era cresciuto e si era affermato nel solco della tradizione: scafi con grande stabilità di peso, stretti e filanti, con bordi liberi bassi e poppe strette. Quando Cino Ricci gli presentò Jean Marie Finot, Zavatta capì subito che poteva fare al caso suo: un giovane ricco di entusiasmo, voglioso di sperimentare e con la necessaria ambizione di voler affermare le proprie idee. E soprattutto, con idee progettuali compatibili con le necessità di Zavatta, ovvero un giusto compromesso tra ottima abitabilità e performance.
L'impresa di Zavatta fu quindi duplice: non senza fatica e con mediazioni continue riuscì a far convivere i due progettisti ottenendo alla fine quanto cercato.
Siamo nel 1971. ll Comet One (poi 910) era così innovativo e particolare che alla vigilia del varo, con la barca iscritta alla Middle Sea Race, ognuno dei due progettisti, entrambi scontenti del risultato e volendone prendere le distanze, chiamò Zavatta per chiedergli di non affiancare il proprio nome a quel disegno. Non potevano immaginare quel che sarebbe accaduto di lì a pochissimo...
Cino Ricci, dal canto suo, aveva sempre creduto molto in quel progetto e scelse proprio il Comet One per correre in quell'importante evento.
L'esordio in regata del Comet fu strabiliante: condotto a vela da Napoli a Malta, a due giorni dal varo, il Comet dominò nella Middle Sea Race del 1971, battendo in tempo compensato scafi di grande fama e di dimensioni enormemente maggiori.
La Rolex Middle Sea Race prevedeva la partenza da Malta, circumnavigazione della Sicilia in senso orario lasciando a sinistra Stromboli, Favignana, Pantelleria e Lampedusa, con arrivo ancora a Malta dopo 607 miglia. Oggi è previsto il percorso in senso inverso.
Il Comet 910 detiene un record da allora imbattuto che non è, ovviamente, né relativo al tempo d’arrivo né alla velocità massima: la vittoria della regata (overall in tempo compensato) a bordo di quella che, ancora oggi, è la barca più piccola ad esserci riuscita.
Una barca di serie tra l'altro!
Cino Ricci ricorda come la preparazione della barca fosse in ritardo sulla tabella di marcia, non era ancora finita. Sulla rotta Napoli-Messina furono ultimati gli ultimi lavori, soprattutto di falegnameria, grazie a un bravo operaio del cantiere che li aveva seguiti fino a Malta.
La regata venne condotta in modo perfetto. Il team italiano finì per battere un mito della vela, Eric Tabarly, primo in reale con il suo Pen Duick III (17 m) ma ben dietro in compensato. In più, erano gli anni in cui Malta si stava staccando dall’Inghilterra, per cui Ricci e compagni, uscendo a tarda ora dal club dove si era tenuta la cerimonia di premiazione, furono portati in trionfo dagli spazzini maltesi del turno di notte perché gli inglesi erano stati battuti.
La barca
Il Comet 910 è stato progettato per la crociera costiera veloce. La ridotta lunghezza al galleggiamento e la poca superficie immersa lo rendono adatto a navigare senza l'ausilio del motore anche con vento leggero, quello che si incontra prevalentemente in estate nel Mediterraneo.
Colpiscono subito le linee piene della poppa, che garantiscono un'ottima abitabilità, e la prua piuttosto affilata.
Il bordo libero piuttosto alto, contrapposto ad una tuga bassa, risultano in una coperta spaziosa, con due larghi passavanti.
In coperta maggiore importanza è stata dato al pozzetto, la parte più abitata della barca, di grandezza veramente notevole e completamente libero dato che la scotta della randa, il cui attacco è a metà del boma, è stata portata sulla tuga dove è collocato il trasto. Le sedute e le pareti sono anatomicamente orientate. Sotto queste vi sono tre capaci gavoni, uno dei quali destinato alla zattera di salvataggio.
Grazie al bordo libero alto, il paraonde è stato ridotto al minimo per agevolare la seduta sul passavanti a barca sbandata.
Tutta l'attrezzatura di coperta è di prima qualità, studiata in modo assai funzionale ed è disposta con intendimenti da regata. L'albero in lega leggera e il boma di tipo tradizionale, con dispositivo per presa di terzaroli a borosa e matafioni, sono fortemente dimensionati e ben supportati. I winches di drizza sono sulla tuga, manovrabili dal pozzetto, mentre quelli di scotta sono sul passavanti, a due velocità, in posizione comoda. Ben dimensionati sono anche i bozzelli di drizza e di altri sollevatori di cimatura, installati negli alberi, così come l'attrezzatura dei terzaroli e di tensionamento sul boma: tutto ciò riduce in modo molto significativo la quantità di energia da dispiegare e la sollecitazione e l'usura delle varie cime.
Dentro il 910
Il Comet è stato studiato per un equipaggio di sei persone e tante infatti sono le cuccette.
Il concetto di abitabilità punta sul volume inteso come spazio libero attorno a coloro che lo occupano. Si è cercato quindi di dare al massimo il senso di profondità, lasciando libere le pareti dietro le cuccette e sfruttando come ripostigli soltanto le parti più in basso. In effetti entrando si pensa di essere in un ambiente molto più grande di quanto sembri dall'esterno.
Particolarità unica e particolarmente ingegnosa del 910 sono infatti la cucina, il tavolo da carteggio, il tavolo del quadrato e il lavello a scomparsa. I primi due attraverso carrelli sovrapposti, scorrevoli verso poppa, che incassano i due moduli sotto la seduta prodiera sinistra del pozzetto. Il tavolo del quadrato invece può scorrere su e giù lungo una struttura cilindrica e fermarsi nella posizione richiesta: in alto liberando completamente lo spazio; intermedia per assolvere alla sua funzione di appoggio; in basso e allora andrà a completare la stuttura della cuccetta doppia. Il lavello invece viene estratto e ribaltato attraverso la paratia principale. Tutto questo permette una notevole versatilità di utilizzo a seconda delle situazioni: in crociera o in porto o alla fonda. In dinette, collocate in basso ci sono anche delle griglie di areazione che permettono l'afflusso e il ricambio d'aria attraverso l'azionamento di un ventilatore.
A prua vi è una cabina separata con due cuccette a V che diventano letto doppio con l'apposito triangolo intermedio.
Il locale w.c. indipendente è separato dalla dinette e dalla cabina di prua da due porte.
L'illuminazione naturale è abbondantemente fornita dai numerosi oblò.
Le vele trovano posto nel grandissimo gavone poppiero
In mare
Navigando sul Comet, si apprezzano il perfetto equilibrio, la ridotta scia di poppa e l'accessibilità di tutte le manovre, tanto che lo si può condurre da soli senza problemi.
Nel pozzetto, comodissimo, trova posto tutto l'equipaggio (in regata 6 persone) e, dato lo spazio a disposizione, si lavora bene, senza disturbarsi reciprocamente.
La forma del pozzetto rende confortevole lo stare anche per lunghe ore alla scotta del genoa con qualunque angolo di sbandamento. Tutte le manovre delle drizze rinviate sulla tuga facilitano le regolazioni: si lavora contemporaneamente sulle scotte, sulle drizze, sul vang o sul cunningham a seconda delle necessità; ciò, oltre che rendere tutto più semplice e più veloce, aiuta ad effettuare una più corretta regolazione delle vele
Il Comet cammina bene a tutte le andature e con tutti i venti, ma probabilmente è sulla bolina che dà il meglio di sè.
Mano a mano che il vento rinforza lo sbandamento della barca si accentua fino ad arrestarsi, nel qual caso la velocità comincia a diminuire; è il momento di ridurre la tela cominciando dal triangolo di prua. Riducendo infatti la tela davanti, la barca, per la particolare forma della carena, si solleva e riparte. La randa, per contro, è relativamente piccola e si comincia a ridurla solo con vento forte. Il piano velico, per rapporto al piano di deriva, è ben centrato e la barca rimane manovriera sia con la sola randa che con il solo genoa. Soltanto con la randa, con vento forte, si può andare a prua a lavorare, lasciando la barra libera, poiché la barca mantiene agevolmente un'andatura di bolina. Con mare formato i movimenti sono dolci e la barca non ha tendenza a beccheggiare neanche con le onde corte.
Le virate sono agili e la leggera perdita di velocità è subito compensata dall'accelerazione che è veramente impressionante.
Nelle andature portanti anche ad alta velocità il Comet resta docile con movimenti prevedibili e quindi facili a correggersi; il condurlo non crea problemi di sorta neanche con il più grande spi. Con mare di poppa lo scafo tende a planare, restando però sempre manovriero; non si notano tendenze a straorzare e la pura resta ben fuori dall'acqua anche in caso che un colpo di mare sollevi bene in alto la poppa.
Cosa c'è sotto....
Il Comet 910 poteva essere equipaggiato opzionalmente con motore Volvo Penta MD 1B da 10 HP, con motore Volvo Penta MD 6Ada 10 HP bicilindrico, con motore Volvo Penta MD 2B da 25 HP o con un Faryman da 10 HP.
Bernard Moitessier
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